Il Melogno: come un cane che azzanna i polpacci...
Le salite nel giro di oggi | ||
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Tempo | Salita | |
0:11':28" | Bric Berton da Cassinelle | 1 |
0:31':06" | Naso di Gatto da Pontinvrea | 2 |
0:34':43" | Colle del Melogno da Borgio Verezzi | 3 |
0:52':58" | Colle dei Giovetti da Caragna | 4 |
0:33':22" | Montezemolo da Priero | 5 |
06/08/2016
• Distanza 303.2 km
• Tempo 13:10:53
• Dislivello 3716 metri
Sono le 5 e sette minuti, le giornate si stanno accorciando inesorabilmente, l’alba è ancora lontana e per potermi muovere in sicurezza ho montato le luci di posizione ed al manubrio. Il faro anteriore non è dei più potenti ma da una certa fiducia. Parto per un insolito giro del mare, molto più lungo e difficile di quelli fatti fino ad ora, un giro che sulla carta è molto vicino ai trecento chilometri ma come sempre capita, nei giri lunghi, qualcosa andrà storto e la strada si allungherà ma potrebbe anche succedere il contrario e se le gambe non girano, si potrebbe accorciare senza nemmeno vedere il mare.
Perdo il Rox 9.1
Via verso Portanova, devo raggiungere il Bric Berton passando per Cassinelle, quindi punto su Ovada. Più o meno all’altezza di Retorto cerco qualcosa nella sacca al manubrio, non riesco, devo fermarmi. Per vedere meglio, sgancio il faro anteriore, prendo ciò che mi serve e riparto. L’alba è vicina, alla mia sinistra, si intravvede già il bagliore del sole, tra poco sarà chiaro. Proseguo per la scorciatoia di Castelferro e Mantovana. Ora che sono sulle colline la luce del sole arriva più nitida, è quasi chiaro e fa freddo. Dirigo lo sguardo sulla posizione del Sigma Rox 9.1, per dare uno sguardo alla temperatura, rimango di sasso, lo strumento non c’è più. Deve essermi caduto quando ho frugato nella sacca, niente panico, non è la prima volta che mi cade ma non voglio proseguire senza e vedo già il giro sfumare. Il tempo che dedicherò alla ricerca del Rox sarà tempo sottratto al giro con il rischio di non poterlo attuare.
Dietrofront
Ho superato Mantovana da circa un chilometro e decido di tornare indietro, ho una posizione più o meno precisa dove concentrare le ricerche, sperando che lo strumento mi sia caduto quando ero fermo e non in corsa. Spingo sui pedali al massimo delle mie possibilità, l’alba si avvicina, tra poco sarà chiaro e avrò una visuale migliore a Castelferro procedo in senso unico, contromano, sulla stessa strada dell’andata, caso mai mi fosse caduto li non potrei vederlo se seguissi la strada consentita. Al bivio con la SP185 rallento, sono vicino al punto nel quale spero, sia caduto il ciclo computer. Procedo pianissimo, con lo sguardo fisso al lato opposto della strada. Supero Retorto senza vedere nulla mi sforzo, strizzo gli occhi, per mettere a fuoco nella poca luce che c’è ma nulla, non si vede , non c’è, sono quasi disperato, la tranquillità e la certezza di trovarlo che avevo poco fa, si è trasformata in panico.
La filastrocca
Da qualche minuto sto recitando una corta preghiera imparata dalla nonna quando ero un bambino: "Sant'Antoni benedì fam truve cul ca io perdì". La ripeto ossessivamente. Ora è chiaro, il sole non si vede ancora ma la sua luce rischiara abbastanza da poter cercare meglio quello che per ora non ho ancora trovato. Proseguo, arrivando a superare il bivio per Sezzadio, sempre recitando la filastrocca, inverto ancora la marcia, torno verso Retorto. Li mi ero fermato e li ho buone probabilità di trovare ciò che cerco. “Sant'Antoni benedì fam truve cul ca io perdì”. “Sant'Antoni benedì fam truve cul ca io perdì”. Ripeto n continuazione, avanzo più lentamente che posso al limite dell’equilibrio e finalmente, eccolo, adagiato al ciglio della strada, sulla sabbia tra l’asfalto e l’erba del fosso. Se fosse caduto nell’erba non sarei riuscito a vederlo. Oggi mi ritengo fortunato, posso riprendere il giro verso il mare, è vero ho perso del tempo prezioso ed ho percorso circa 18 km in più ma sono contento di aver trovato il mio insostituibile compagno di viaggio.
Proseguo
Anche oggi ho qualcosa da raccontare, sono contento,riprendo la strada raggiungendo il Bric Berton e proseguo verso Sassello ed il Colle del Giovo, poi Pontinvrea. Salendo a Naso di Gatto si intravvedono le pale eoliche, sono ferme, non c’è un alito di vento e la giornata è stupenda, la temperatura si sta alzando ma per ora è gradevole. Scendendo verso Savona, sosto a Santuario per mangiare qualcosa e poi riprendo la corsa. Supero il traffico della città e proseguo sul solito caos dell’Aurelia fino ad arrivare a Borgio Verezzi.
La salita più dura
Oggi il Melogno lo attacco da qui. Preferisco questa variante a quella classica da Finale, è tranquilla, sale in mezzo alle case, fino a Gorra dove si ricongiunge con la SP490 del Melogno. Sosto a Gorra, sono senza acqua e dietro alla chiesa c’è una fontana freschissima, mangio ancora qualcosa e attacco la parte più difficile della salita,12 km fino alla fortezza del passo. Fa caldo, ora. L’assenza di vento rende più dura, la salita, già sull’Aurelia c’erano 37°C, ora il termometro segna 39. Finalmente anche il Melogno termina e la discesa verso Calizzano da un po’ di ristoro.
Ancora uno sforzo
Sosto al K2, il bar alla rotonda di Calizzano, birra e gelato e poi via verso Caragna dove inizia la prossima salita, il Colle dei Giovetti. Lo salgo a fatica, poi discendo su una strada semi distrutta verso Bagnasco, sono in piena Valle del Tanaro, ora è tutto più semplice, la strada scende leggermente, poco prima di Ceva un dosso mi infastidisce ma è corto e raggiungo il bivio per Montezemolo. Ora il percorso prevede un rientro passando per l’Alta Langa, molto più avvincente del passaggio in pianura della Valle del Bormida ma non me la sento. Abdico l’idea della strada interessante per quella più facile che passa per Cairo Montenotte ma per raggiungerla devo ancora superare lo strappo di Montecala poi non ci saranno più salite.
Vento contrario
A Cairo Montenotte la sgradita sorpresa di avere il vento contro e non è nemmeno leggero, faccio fatica ma fin che la strada scende leggermente riesco a tenere una velocità di poco inferiore ai 30 km/h ma avvicinandomi ad Acqui la strada procede a strappi e crolla anche l’andatura. Sono a mezza cottura, mare e monti uniti alla temperatura alta mi hanno sfiancato. Ancora una sosta alla fontana di Strevi mi serve acqua per bagnarmi, ho il soprasella in fiamme ed è proprio nel tentativo di buttare acqua sulla sella che ho una distrazione.
Rovino a terra
Tengo una sola mano sul manubrio, nell’altra ho la borraccia, cerco di alzarmi sui pedali per bagnare meglio i calzoncini ma la bici si sposta verso il bordo della strada, salgo su uno spiazzo coperto di ghiaia e volo a terra, la borraccia piena si apre e tutta l’acqua si sparge al suolo. Mi rialzo come fa una molla, quando dopo averla compressa la si lascia andare improvvisamente. Sanguino da una caviglia, una grossa pietra appuntita mi ha lacerato la calza e la pelle, la borraccia ha il tappo rotto, la bici qualche graffio all’imbottitura del manubrio. Una signora in auto, che ha visto la scena da dietro, si ferma per soccorrermi. Ringrazio, per oggi è andata bene, non mi serve aiuto. Proseguo verso casa con qualche dolore in più di quanti già non ne avessi, abbattuto, scornato, quasi cotto. Una giornata iniziata male con la perdita del Rox, poi fortunatamente ritrovato, è terminata peggio con una bella stramazzata nella ghiaia polverosa...... Penso che se non trovo una coppia di rotelle in carbonio non salirò più in bici. SEMPREINSELLA!