Sto’ cercando di raggiungere casa, il più presto possibile, da quando sono in pianura la temperatura è diventata insostenibile...
Le salite nel giro di oggi | ||
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Tempo | Salita | |
0:20':01" | Passo della Castagnola da Voltaggio | 1 |
0:33':54" | Laccio - Buffalora | 2 |
1:32':19" | Traschio - Zerba - Strada Piani del Lesima | 3 |
11/07/2015
- Distanza 219.61 km
- Tempo09:26:38
- Dislivello 2451 metri
Verso casa
Sto’ cercando di raggiungere casa, il più presto possibile, da quando sono in pianura la temperatura è diventata insostenibile, nonostante il vento, in faccia come sempre capita in un rientro da un lungo giro, il caldo è veramente insopportabile. Dai 16°C di questa mattina alle sei, la temperatura è arrivata a superare i 43 gradi. E’ vero che in bici il caldo si sente meno ma a queste temperature e dopo tanti chilometri il fisico ne risente moltissimo, e se non si beve e ci si bagna , si rischia la disidratazione.
Percorso incompleto
Tutto ciò che avevo nella testa quando sono partito, dopo la salita principale, è svanito. Dopo Brallo, avrei dovuto risalire Cima Colletta, tornando a ritroso su di una strada quasi parallela a quella appena percorsa e con un po’ di fortuna salire in vetta al Lesima, la dove c’è il radiofaro e da li dopo aver raggiunto Capanne di Cosola, guadagnare la strada per casa percorrendo la val Borbera.
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Senz’acqua
Ho finito l’acqua, l’ultimo goccio me lo sono versato in testa per mitigare il caldo della circonvallazione di Tortona, ho il vento dritto in faccia e questo non aiuta il mio rientro. So che fuori città, c’è un piccolo bar sulla destra. Accelero, il pensiero di una bibita e acqua fresca mi acceca, non ho pensiero che per questo. Attraverso il ponte sullo Scrivia, lo vedo, eccolo il bar, è sempre li, ci venivo da ragazzo, era il punto di ritrovo per le partenze del gruppo nel quale suonavo e ricordo bene i panini che facevano. I migliori che io avessi mai mangiato. Sicuramente la gestione sarà cambiata e oggi i panini non mi interessano, ho solo sete, ho voglia di fresco, mancano poco più di una ventina di chilometri a casa ma se non bevo qualcosa rischio di non arrivarci. Entro con la bici nel piccolo spiazzo antistante, la appoggio ad una fioriera e mi scaravento alla porta di ingresso. E chiusa, su di essa, un cartello che noto solo ora che sono vicino, porta la scritta, “CHIUSO SI RIAPRE PIU’ TARDI” bel modo ambiguo per avvisare la clientela. Riparto con più sete di prima
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Val Lemme ed Aureliana
Tutto ciò che avevo nella testa quando sono partito, è svanito. Nelle gambe, questa mattina presto, delle strade programmate ho messo la Val Lemme e l’Aureliana. Le preferisco alla provinciale 160, sono stradine tranquille, silenziose, immerse nei vigneti e nella natura. Raggiunto san Cristoforo, i 16 gradi della partenza sono saliti a 19° ed ora, nella discesa, l’aria fresca del mattino fa scendere a 17°C il termometro del ciclo computer, si sta veramente bene. Attraverso Gavi, ancora addormentata e proseguo verso Voltaggio. Prima di partire ho fatto una buona colazione ma ho portato con me solo un paio di panini, le solite due borracce di Coca Cola e qualche integratore a base di zuccheri.
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Bar chiusi
Vorrei avere ancora un po’ d’acqua o di quella Coca Cola mantenuta fresca dall’aria del mattino che avevo con me alla partenza. Ora fa veramente caldo mi allontano da Tortona guardando se in lontananza ci siano insegne di Bar o ristoranti. Ne scorgo un paio ma avvicinandomi, scopro con disappunto che sono anch’essi chiusi. Tra poco c’è San Giuliano Vecchio e li sono sicuro, il bar c’è. La temperatura è arrivata a 43°C e il vento dritto in faccia non la mitiga per nulla.
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La vecchia Carrera
Di tutto quello che avevo nella testa questa mattina al momento della partenza, ne ho messo poco nelle gambe solo la salita principale, il resto l’ho lasciato per strada, il caldo asfissiante, la bicicletta che ho usato, non proprio leggerissima e gli ultimi due giri eseguiti nello scorso fine settimana che non hanno superato i 125 km mi hanno convinto che, forse sarebbe stato meglio cercare la strada più breve per rientrare. Cosi ho fatto, puntando su Varzi e Tortona, scoprendo che le previsioni meteo con vento debole da Sud in realtà non erano tali ed il vento l’ho preso in faccia per circa ottanta chilometri. Dopo Voltaggio, mi sono avvicinato a Busalla salendo la Castagnola, fresca, priva di traffico. Poi nella Valle Scrivia, ho diretto la mia pesante Carrera verso Busalla e Casella.
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Guasto alla Colnago
Oggi ho la Carrera, la Colnago EPS ha un problema con la serie sterzo, il cuscinetto inferiore non fa più il suo dovere e quindi ora è smontata in attesa del pezzo di ricambio. Quando ti abitui al carbonio, è difficile risalire su di un telaio in acciaio senza far fatica. Le asperità della strada si sentono tutte, anche le più lievi, entrano nella schiena e li rimangono per essere portate a casa. Prima di abituarmi alla nuova posizione in sella, ci ho messo un po’ di tempo ma ora pedalo bene, con la Colnago potrei esser un po’ più veloce, monta un 53-39, su questa invece ho la compact, e se sono su questo tipo di strada e con queste idee nella testa è proprio dovuto alla compact.
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Cattiva compagnia
Proseguo nella valle dello Scrivia, tranquillo, so cosa ho davanti e la prendo con calma, almeno fino a quando superata Casella, vengo raggiunto da un ciclista genovese e si inizia una sorta di piccola gara sui magia e bevi prima di Laccio. Si tira un po’ ciascuno cercando di prevalere l’uno sull’altro. Quando sono in giro per “lunghi”, non dovrei farmi intrappolare in certe situazioni ma a volte capita e l’energia che ho sprecato per fare a gara con questo occasionale compagno è andata perduta nel nulla. Mi ha tirato l’esca, ho abboccato e come un pollo mi sono lasciato trascinare in una gara senza premio, senza traguardo. Dopo aver tirato qualche chilometro al limite della soglia, nelle vicinanze di laccio ho dovuto mollare e lasciarlo andare o avrei compromesso il giro.
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Alternativa per Torriglia
Dopo Laccio, proseguo solo verso il passo della Scoffera e al bivio per Cavorsi, svoltato a sinistra salgo per una strada immersa nel bosco di castagni, tutta avvolta dalle fronde degli alberi, completamente riparata dal sole. Una strappo abbastanza duro all’inizio, poi la corsa prosegue sul crinale, affrontando infiniti su e giù. Cavorsi, Obbi, la strada prosegue incontrando due frane ripristinate ma con il fondo ancora sterrato, poi è Torriglia e la galleria di Buffalora che porta dritta nella valle del Trebbia, sulla SS45 che unisce Genova con Piacenza. Oggi stranamente la strada, solitamente invasa dalle moto, è tranquilla, silenziosa, incontro un paio di cantieri con semaforo unico ostacolo alla lunga corsa in discesa verso il bivio con Zerba. Una trentina di chilometri, in falsopiano negativo. Mentre scendo, incontro località ben conosciute, mete di precedenti giri. Canale e Vallescura per il passo del Fregarolo, Due Ponti, Cassingheno e Fascia per la temibile casa del Romano, Loco e Fontanigorda ancora il Fregarolo, Rovegno, Ottone e finalmente il bivio per Zerba.
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Una fontana fantastica
Sosto nell’enorme incrocio che da accesso alla valle Boreca, mangio l’ultimo panino sperando che contenga abbastanza energie per farmi superare la prossima salita. Ho davanti numerose varianti, per ora l’obiettivo è Zerba e se le gambe non reggono la strada da prendere sarà quella verso Capanne di Cosola, in caso contrario, si svolta destra per quello che io paragono ad un piccolo Mortirolo. Supero il ponte sul Trebbia, ed è val Borreca, un corto dosso mi porta ad una borgata, quattro case ed una fantastica fontana. Una ragazza stesa all’ombra chiacchiera con un anziano signore. Un cartello con fondo giallo, in bella vista, indica che l’acqua della fontana non è potabile. Non ci credo e un signore qualche metro lontano da me, ammicca dicendomi, Beva, beva, il cartello è solo una manleva, sa nel caso che a qualcuno venisse il cagotto per problemi suoi ma l’acqua che sgorga dalla fontana, noi ce l’abbiamo in casa e non ha mai fatto male a nessuno. La temperatura sfiora i 32 gradi, infilo la testa sotto l’acqua gelida e cristallina, ne bevo a gola piena, è freschissima e vorrei potermi fermare qui per sempre. Riempio le borracce, si parte, che le gambe siano con me e anche la testa.
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Un piccolo Mortirolo
Sole pieno, pochi spazi all’ombra, pendenza contenuta, costante al 5% per i primi 6 chilometri, fino al bivio per Zerba. Temperatura in costante ascesa, trentotto gradi, se continua cosi, vado a casa passando per Pej e Cosola. Poi grosse nuvole oscurano il sole, il termometro precipita di 15 gradi, svolto a destra, è Zerba. La strada cambia faccia, diviene stretta, il fondo rugoso, tornanti e curve si susseguono a pendenze da brivido. Incontro un signore e chiedo se la strada è ancora lunga. Lui con accento lombardo mi fa notare che dipende esclusivamente da dove io voglia andare. Giusto, rispondo, per il Lesima, quanto manca. E lui, tranquillo, dice, ma più o meno una ventina di chilometri. So che si sbaglia, forse ha capito male la domanda. Proseguo, la strada è tutta scoperta e se ci fosse il sole sarei già sceso dalla bicicletta, e mi sarei coricato al riparo di una pianta. Ma il sole non c’è e proseguo. 14%, uno dei tratti duri, li sento nelle gambe ancora prima che il Rox faccia il calcolo della pendenza media del tratto, li sento, ormai conosco le gambe e so valutare la difficoltà della salita. salgo pianissimo, in piedi, solamente spingendo sui pedali, se tirassi anche, salirebbe la velocità ma anche i battiti del cuore e non voglio.
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Di mestiere, “Tafano”
E’ durissima, non la ricordavo cosi, attorno a me una nuvola di mosche, noiose, invadenti, attirate probabilmente dal sudore. Assieme a loro qualche tafano assetato del mio sangue. 14%, ancora un tratto duro, sento una fitta alla coscia sinistra, abbasso gli occhi per vedere cosa mi sta facendo male. Eccolo, è lui, il tafano, è enorme, attaccato alla gamba e succhia il mio sangue. Stacco una mano e sbatto con il palmo, violentemente su di lui. Preso, non morderà più nessuno ma la bassa velocità, il contraccolpo della sventola menata sul mio assalitore, la tacchetta consumata, fanno si che il piede destro si sganci dal pedale. E’ finita, dopo tanti anni di salite dure, terminate senza mai mettere un piede a terra, oggi scendo forzatamente dalla bici. Impreco, maledico, sono in piedi per miracolo, metter giù i piedi con pendenze simili a volte vuol dire cadere. E una strada questa dove non passa mai nessuno ma nel preciso istante in cui metto il piede in terra ed impreco alla sfortuna ed al tafano mordace, ecco che arriva in discesa una ragazza in mountain bike seguita a ruota dal suo accompagnatore. Mi sposto per evitare la collisione e cerco di salire in bici, il 34x26 mi aiuta, se avessi avuto l’altra bici non so se ce l’avrei fatta.
Aria fresca
Proseguo, il bosco si infittisce, avvolge la strada, l’assenza di sole e gli alberi fanno si che la temperatura discenda a 20°C, si sta veramente bene e questo aiuta a superare la difficoltà della salita, che finalmente, improvvisamente, inaspettatamente, termina. Ora fa freddo, l’aria della discesa, la maglia zuppa di sudore, la stanchezza accumulata mi fanno sentire freddo. Scendo veloce verso i piani del Lesima che supero senza fermarmi. Ora la strada sale nuovamente per quattro chilometri per poi precipitare a Brallo di Pregola. Sosto per bere e mangiare qualcosa, 6 euro esentasse perché non mi fanno lo scontrino, non ho voglia di litigare, mangio e riparto interrompendo il giro. Cima Colleta e il radiofaro sono perduti non ci sarei riuscito meglio andare a casa.
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Countdown
Scendo il Brallo, il vento in faccia, sarà una faticaccia fino a casa. 80 chilometri, Santa Margherita di Staffora -70, Varzi -60, Ponte Nizza -50, Godiasco ancora 43 km e sono a casa, Tortona -23. San Giuliano Vecchio, finalmente un bar aperto, aranciata amara e acqua gasata, seduto fuori sulla SR10 a respirare lo smog delle auto. Riparto verso Mandrogne, 43 gradi centigradi, Frugarolo la temperatura scende di poco, Casal Cermelli 40°C , fine della corsa, fine di questa folle, caldissima giornata.